Succede In quartiere

17 maggio 2018
Corriere della sera
La gentrificazione avanza

Angelina di cognome fa Caporale. Di nome, e di fatto. Ha 91 anni ed è una delle pasionarie di un comitato di inquilini che si è appena formato in via Paolo Sarpi. «Ci dicono che dobbiamo lasciare libere le case dove abitiamo da più di sessant’anni e noi non lo vogliamo fare», racconta lei, tanto allarmata quanto non disposta a cedere. Da una decina di giorni i gestori sociali QLS, emissari della società che si occupa del progetto di riqualificazione dell’enorme isolato tra via Sarpi e via Bramante, bussano agli appartamenti. Senza preavviso. Colgono di sorpresa gli abitanti, per lo più donne e molto anziane. «Ci hanno preso una per una, senza avvertire i sindacati, dicendoci che dobbiamo andare via al più presto, che potrebbero mandarci in zone lontane come Bonola, in via Uruguay, o Cinisello Balsamo, e che dobbiamo firmare subito alcuni documenti, se vogliamo assicurarci un alloggio alternativo. Ci siamo tutte spaventate», dice Adele Gerosa, altra signora del Comitato Ca’ Sarpi, che ha visto 86 primavere e risiede lì da mezzo secolo.

Il copione di questa storia si è già visto altre volte: quando c’è un piano di valorizzazione che coinvolge edifici abitati da svuotare, l’aspetto umano è scomodo e difficile, comunque lo si guardi. Qui si parla del patrimonio immobiliare del Fondo immobiliare Ca’ Granda che in zona ha anche via Paolo Sarpi 7 e via Bramante 13. Solo nell’enorme isolato in questione, che comprende sei civici, sono circa 240 alloggi, per due terzi vuoti: negli altri ci sono 80 famiglie, arrivate mezzo secolo fa. A gestire il patrimonio, da due anni a questa parte, è Investire sgr, con l’advisor Fondazione Housing sociale (orbita Fondazione Cariplo). «Sceglieremo l’architetto entro l’autunno, tra sette proposte che ci sono arrivate, e daremo corpo a un grande progetto con tutti affitti a prezzo calmierato per persone con reddito basso, ma superiore a quello che dà diritto alle case popolari. La mobilità degli attuali inquilini sarà gestita nel modo più delicato possibile. Se ne hanno diritto in base al reddito, faremo proposte di ricollocamento in immobili che abbiamo a disposizione in varie aree della città. Forse sarà possibile addirittura accoglierne una parte in via Bramante 13, quasi vuoto e da ristrutturare anche quello», cercano di rassicurare da Investire.

Il cantiere non partirebbe prima di un paio di anni. «E allora perché tutta questa fretta? E dove vado? — chiede ancora Gerosa —. Mia figlia ha preso casa qui vicino apposta per non lasciarmi sola…». Sembrano una grande famiglia, tutti insieme: «E lo siamo davvero. Lo sa quante volte mi hanno portato su la spesa le vicine del secondo piano?», racconta Caporale. È una specie di villaggio, «un alveare amico», dice ancora Carolina Vitolo, 68 anni, ex infermiera. «Ho fatto una ristrutturazione tutta con soldi miei, chi mi ripaga?». E Carolina Pace, 52 anni e tre figli: «Mi sono sposata che ne avevo quindici e sono venuta qui dalla Sicilia, con mio marito che non c’è più. Sono arrivati con i fogli dicendo che dovevo firmare, io non ci capivo nulla, ho firmato. E adesso?». Anna Stasiak, 40 anni e due figlie, esperta d’arte: «Hanno lasciato scadere gli affitti e da qualche tempo paghiamo l’indennità di occupazione. Avevano previsto tutto…». Nei giorni scorsi, su richiesta del Comitato, Investire e Fondazione Housing sociale hanno incontrato i sindacati (Unione inquilini e Sunia) e alcuni residenti: «Ci hanno dato rassicurazioni — conclude Caporale —. Teniamo gli occhi aperti, vogliamo vedere come va avanti».

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